LUOGO-MOTO-MEMORIA-MATERIA
Oltre la rappresentazione

ELPIDIO TRAMONTANO
7-30 settembre 1990
SALE ESPOSIZIONI CORTILE MERCATO VECCHIO
VERONA

Nei flash concentrici dei tre pittori così dinamici e altrettanto dialettici, trovo coraggioso al massimo lo scultore Elpidio Tramontano, più che lieto di esporre con loro, invece di sentirsi vedovo del colore. La sua convinzione la di sente dalla sua gioviale ascendenza nell’ambito del sodalizio, certamente vitale e attivo, ma insita altresì nel concerto plastico delle sue sculture. Portatosi su misure a base d’uomo o poco meno – dico rispetto a lavori precedenti e giganteschi – sembra che materia e sua virtù espressiva abbiano trovato delle responsabilità di ben maggiore carica individuale, fisicamente perfette. Si veda il piccolo trofeo tipo testa lacerata, tipo emblema traforato dal vento e dal tempo, dalle mani curiose di Tramantano, che è sembrato averne succhiato il di più all‘interno di una essenzialità rimasta, in ogni caso, corposa e rappresentativa. La patina del bronzo, quasi nera, rassoda ancor più l’ambivalenza plastica dal vuoto al pieno indifferente. Il trofeo risulta evidente, risulta inconfutabile, ma è sorpresa d’autore , opera conquistata interrogativamente, con esigenza. In un’altra scultura vige il tutto pieno, in piedi, ma che mostra delle fughe materiche quasi informali: paracarro plastico nella sua fierezza di forma rimasta quasi da un impasto corporeo, abnorme ma sicuro. Un gesso, patinato bronzo – l’oro con striature verdi – ha l’ambizione duttile di farsi natura, liana e serpente radice uscita al sole, e altrettanto sensibile maturazione figurativa di una forma inquieta, che inerpicandosi su se stessa, che divincolandosi dal descrittivo, insiste a correggere lo sbocco plastico più plastico più avanti, stagionalmente, forse come una girandola ingombrante perché autonoma, verificata, manufatta, tattile sequenza stasbile, messa a guardia dello spazio. Lo scultore dialoga con la materia di base , la sensibilizza per quel tanto che l’intrusione contribuisce a vivificare , nei moti interiori, lo spasmo o le contrazioni emergenti: di verifica del mondo, invece che dei suoi abbandoni. La scultura (eterno miracolo vilipeso e poco verificato, poco compreso) ha sue risposte precise, violente persino nella ossessività di Tramontano. In altra opera plastica, da ritenere fondamentale per l’autore, il sole fisico s’ impiglia nei raggi della sua esplosione trattenuta. Sembra che il moto diventi realtà materia in tutto e per tutto, come il calore espressivo abbia costruito l’habitat della scultura-frutto-sole, come una meteora uscita dalla terra, dal fuoco dell’ispirazione cercata e voluta. Dalla natura al cosmo, i voli restano presenti, esportano la loro fragranza fisica e materia, ma nella resa responsabile dell’offerta, della chiamata di correo tipica di uno scultore plastico, rispetto allo scultore invece disegnativi e illustrativo. C’è una sculta posseduta, e quindi stabilmente ferace nello spazio abitato, come fosse trattenuta da una prigione misteriosa, forse ideale. Tramontano completa da par suo l’ultimo lato del quadrato espositivo, ma tenendone conto con veemenza, come tocca al tutto tondo e all’impatto d’ingombro del corpo plastico della scultura………

Estate 1990

Alessandro Mozzambani

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